Attraverso il confronto fra evoluzioni e “salti di paradigma” nel campo della musica e in quello della cura della parola, il capitolo illustra una pratica comune nelle creazioni umane. Difficilmente il passato viene cancellato: più spesso esso viene riutilizzato, rimesso in cornice, risignificato. Come procediamo nella nostra storia, rinegoziamo il ruolo di elementi del passato; a mano a mano che procediamo in questa rinegoziazione, cresciamo e ci trasformiamo, e trasformiamo il mondo intorno a noi.
Guardare al passato come a una dimensione che contiene esperienze stratificate, che non svaniscono né vengono rimpiazzate dal nuovo, ma anzi ricevono nuovo senso a mano a mano che procede quel processo di stratificazione, risponde evidentemente a una nostra esigenza fondamentale di autonarrazione, se è vero che la riconosciamo in vari campi del sapere come anche nelle nostre biografie.
È l’abstract del mio capitolo “Riuso. Ricontestualizzazione e risignificazione nell’arte e nella cura” per il libro “Mente e luoghi” di Anna Anzani (è l’edizione italiana di “Mind and Places” uscito qualche mese fa per il mercato anglofono).
Il libro è il seguito della ricerca interdisciplinare iniziata anni fa nella cornice della cattedra di Restauro del Politecnico di Milano, e che coinvolge un gruppo di psicologi (insieme a me ci sono Massimo Schinco e Ada Piselli) intorno al tema del rapporto con i luoghi e i contesti abitativi.
Claudia Caramel (del Dipartimento di Design del Politecnico) e io, sui due versanti, ci occupiamo del tema del “riuso”. Io lo affronto in questo capitolo attraverso alcune riflessioni su come certi strumenti e forme, nel campo artistico e in quello della cura, sono diventati “altro” da quello per cui erano nati. È un percorso che va dalla storia della musica afroamericana a quella della terapia sistemica, passando per l’approccio “epigenetico” di Luigi Boscolo.