Antonella Piermari e Laura Vernaschi: GENOGRAMMA E GENOGRAMMI

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IL GENOGRAMMA

 

“Da secoli la continuità di una stirpe nel tempo è stata rappresentata con l’immagine dell’albero, che simboleggia il legame tra il passato (radici, avi) e l’avvenire (germogli, discendenti).”

R. de Bernart e F. Merlini (2001)

 

Il genogramma è una specifica “versione” dell’albero genealogico utilizzato dai terapeuti familiari; può essere definito come la rappresentazione grafica della struttura di una famiglia accompagnata dalle verbalizzazioni che colui che compila il genogramma fa rispetto alle relazioni tra i soggetti rappresentati, alla comunicazione tra essi, alle somiglianze o differenze, ai miti o ai rituali che caratterizzano parti del sistema rappresentato (o il sistema intero). Alla semplice descrizione dei legami di parentela si aggiunge, dunque, l’analisi degli elementi relazionali, emotivi e affettivi. In base alla teoria di riferimento di chi utilizza questo strumento, in base dunque all’epistemologia in cui si inserisce questa tecnica, il genogramma può focalizzarsi su alcuni elementi piuttosto che su altri; tra i rami dell'albero pare celarsi il segreto o la spiegazione di un comportamento.

A questo proposito, può essere interessante riportare alcune riflessioni di Fritjof Capra (2001 ) che sottolineano l'importanza dello schema - dove per schema si intende una configurazione di relazioni caratteristiche di un particolare sistema -. Trattando dell'importanza dell'approccio sistemico egli sostiene che "la chiave per una teoria completa dei sistemi viventi sta nella sintesi […] tra lo studio della sostanza (o struttura) e lo studio della forma (o schema). Nello studio della struttura misuriamo e pesiamo le cose. Gli schemi, però, non possono essere misurati o pesati; bisogna darne una rappresentazione grafica. Per comprendere uno schema, dobbiamo disegnare una configurazione di relazioni". Così può essere percepita l'essenza del genogramma, come tensione verso la comprensione della vita che "comincia dalla comprensione del suo schema".

Introdotto nella terapia sistemica familiare da Murray Bowen , il genogramma si è diffuso poi alla quasi totalità degli indirizzi relazionali, con modalità differenti però di essere proposto, utilizzato e inserito nel contesto della terapia. Frequentemente il genogramma viene utilizzato anche per la formazione in gruppo degli allievi dei corsi per diventare psicoterapeuti familiari, come strumento di elaborazione della propria esperienza familiare; in questo caso la compilazione del genogramma si arricchisce con la retroazione dei colleghi e dei formatori che sono chiamati a fare domande al soggetto per comprendere al meglio la rappresentazione.

L’organizzazione del genogramma e l’uso che viene fatto in esso dei simboli permette sia a chi compila il genogramma, sia a chi osserva e ascolta, di far emergere la storia della famiglia e di evidenziare alcuni suoi schemi e modelli di funzionamento significativi.

Generalmente il genogramma include almeno tre generazioni e permette di delineare i legami biologici e legali/parentali tra le diverse generazioni. Nella pratica, nel genogramma si possono includere le generazioni che vengono considerate rilevanti in base al momento evolutivo della famiglia (o dell’individuo) che è in terapia, in base alle problematiche evidenziate, in base alle ipotesi formulate dal terapeuta e dal gruppo dietro lo specchio.
Un altro elemento da tenere in considerazione è la conoscenza della propria storia familiare di chi “compila” il genogramma. è significativamente diverso che un'informazione non venga indicata perché il soggetto non ne è a conoscenza oppure perché non viene considerata un dato importante, o ancora, se emerge essere un elemento indicibile della storia di quella famiglia.
Emerge quindi che i contenuti (informazioni) e la rappresentazione (organizzazione) del genogramma dipendono da una molteplicità di elementi legati sia al cliente che al terapeuta.  Si può affermare che, durante una seduta terapeutica, sia che il genogramma sia fatto individualmente sia da più persone insieme, avviene una
co-costruzione nel contesto tra i soggetti presenti che porta ad un risultato finale non definibile a priori, influenzato anche dal momento in cui ci si trova rispetto alla seduta ed alla terapia, dal tipo di relazione e di comunicazione presente, dal setting,…

Gli elementi “tipici” del genogramma sono, a livello di informazioni presentate:

  • nomi, soprannomi, posizione parentale di ogni soggetto rappresentato;
  • date di nascita, di morte, eventuali gravi malattie, matrimoni, separazioni, divorzi, importanti “riti di passaggio”;
  • luogo di residenza e date di “spostamenti” / trasferimenti significativi;
  • frequenza dei contatti tra i soggetti;
  • intensità e tipo di relazione tra gli individui indicati nel genogramma;
  • rotture / separazioni emotive ed affettive;
  • etnia, occupazione, livello socio-economico, appartenenze religiose o di altro genere (se significative);
  • caratteristiche di salute e di personalità peculiari dei soggetti rappresentati.

La maggior parte di queste informazioni ha dei corrispettivi simboli standard usati per rappresentare in forma grafica “sintetica” i dati della famiglia. Esiste un livello di condivisione piuttosto ampia rispetto alla simbologia “di base” che, per altro, è la stessa che viene utilizzata nei comuni alberi genealogici.
Si parla di aspetti “tipici” benché, in realtà, non sempre si ritrovino nei genogrammi tutte queste informazioni; inoltre le finalità con cui viene proposto il genogramma possono essere varie e quindi possono portare a focalizzarsi più su alcune tipologie di dati che su altre. In altre parole esistono
molteplici usi del genogramma e il terapeuta deve essere consapevole di ciò; a questo proposito ci si deve interrogare su quali possano essere le diverse scelte, e quindi proposte, che un terapeuta fa rispetto all'utilizzo della simbologia standard, rispetto alla libertà espressiva da lasciare al soggetto, rispetto alle eventuali informazioni che ritiene necessario raccogliere, rispetto alla difficoltà di rappresentazione di determinate forme di legami non previsti dai simboli classici, rispetto alle diverse capacità e potenzialità dei diversi clienti, etc…. Riteniamo necessario sottolineare questo punto perché crediamo che, a fronte della massima flessibilità di questo strumento, sia importante un suo uso consapevole da parte del terapeuta, che deve stabilire di volta in volta il fine con cui utilizza il genogramma e di conseguenza proporlo nella modalità che ritiene più adeguata.
Oltre alle diverse scelte che il terapeuta prende di volta in volta, la pratica clinica ha portato all'evoluzione del genogramma in
nuove forme che mantengono aspetti comuni ma assumono diverse peculiarità per il tipo di informazioni indagate o per la modalità con cui viene proposto il lavoro: nei diversi ambiti applicativi si sono evidenziate le potenzialità di questo strumento maggiormente coerenti con i propri obiettivi, con la propria "utenza", con il contesto in cui si opera. Gli esempi più significativi sono quelli del sociogenogramma utilizzato nell'approccio della clinica della concertazione e dell'intervista geografico-storica utilizzata in casi di soggetti provenienti da circuiti di devianza ed emarginazione sociale oppure immigrati con un percorso di integrazione difficile.
Indipendentemente dall'uso che si fa del genogramma, la sua peculiarità rispetto all'albero genealogico o ad altre rappresentazioni schematiche di un nucleo familiare è quella di ricavare informazioni sulle distanze fisiche ed emotive tra le persone, ma anche sulla rete di aiuti e risorse interne ed esterne al nucleo; permette, inoltre di evidenziare nessi e relazioni tra i membri, esplorare le emozioni sottostanti, confrontare diversi punti di vista. Questi risultati possono essere favoriti sia stimolando le verbalizzazione durante la compilazione del genogramma, sia attraverso
domande e riflessioni che chi assiste fa, sempre mantenendo un atteggiamento di ascolto e di rispetto. Questo è un punto fondamentale in quanto ci sembra che rappresenti, oltre alla corretta modalità di svolgimento dell'attività, anche un "modello relazionale" positivo durante la seduta ed esportabile in altri contesti.