Luoghi fisici e luoghi virtuali: a Pavia il 31/1 con Giulio Mozzi, Giuliana Guazzaroni e Luisa Nardecchia

photopicSto organizzando il simposio sul tema “Atemporalità e assenza di radicamento a un luogo” nell’ambito del IV congresso del CKBG che si terrà dal 29 al 31 gennaio del 2014 all’Università di Pavia. Sarà possibile ascoltare gli interventi venerdì 31 gennaio alle 11 presso l’aula Foscolo (Corso Strada Nuova, 65). Nell’ordine:

  • Giulio Mozzi: “Di alcune cose che si possono fare per percepire i luoghi, e del modo in cui l’uso astuto del web può permettere di conservare, condividere, connettere, organizzare, strutturare tali percezioni”
  • Giuliana Guazzaroni: “Realtà aumentata, arte e poesia lungo le vie aquilane”
  • Luisa Nardecchia e Massimo Giuliani: “Sotto il tetto di una storia. La parola e il legame coi luoghi”

Vi riporto dal sito www.ckbg.org (qui il libro degli abstract) la mia presentazione e gli abstract dei relatori.

Introduzione (Massimo Giuliani): “Atemporalità e assenza di radicamento a un luogo” La familiarità con i linguaggi delle tecnologie digitali, la scoperta che a volte anche scripta volant, hanno creato scompiglio nella nostra percezione di cosa sia materiale e cosa immateriale, cosa sia fisico e cosa no, cosa voglia dire leggero e cosa pesante. D’altra parte, il fatto che cose leggere possano avere conseguenze pesanti è esperienza comune. E siamo in sintonia con Giulio Mozzi quando dice (Mozzi e Voltolini, 2004) che quella con la parola scritta è un’esperienza che ristruttura lo spazio (la percezione dello spazio, dice lui, ma dal punto di osservazione che ci interessa si può dire che i due concetti coincidano). Questi tre interventi esploreranno alcune delle relazioni possibili fra il virtuale e la materialità dei luoghi fisici, attraverso altrettanti aspetti dell’esperienza di spaesamento – che si tratti del disorientamento indotto dal narratore e dal ricercatore, o che si tratti della vera e propria angoscia territoriale imposta da eventi tragici. Spaesamento che in un caso (vedi Giulio Mozzi) vuol dire fare i conti con qualcosa di diverso, in un altro (Giuliana Guazzaroni) con qualcosa di più, in un altro ancora (Luisa Nardecchia e Massimo Giuliani) con qualcosa di meno. Ma sempre introduce una perturbazione, una dissonanza cognitiva ed emotiva che siamo costretti a compensare attraverso un lavoro creativo di ri-costruzione del territorio intorno a noi: superando un’idea stereotipata di quel territorio o scoprendo una sua anima che non vedevamo; talvolta, come nel caso del terremoto, costruendo uno spazio metaforico (nei luoghi virtuali e fra le parole del web) che supplisca quello fisico, fratturato. Stiamo parlando di una sorta di ri-appaesamento? Forse. Se sì, certamente provvisorio: perché se conoscere è sempre un incessante costruire e ricostruire, abitare è anche un continuo partire e ritornare.

Giulio Mozzi*: “Di alcune cose che si possono fare per percepire i luoghi, e del modo in cui l’uso astuto del web può permettere di conservare, condividere, connettere, organizzare, strutturare tali percezioni” *Scrittore, consulente editoriale, docente di scrittura creativa, giuliomozzi@gmail.com Da una ormai lunga carriera di narratore, di docente di scrittura e narrazione, e di “descrittore di luoghi” per conto di urbanisti, architetti ed enti pubblici, Giulio Mozzi estrae alcune esperienze significative: – il “Reportage fotografico a parole” (scuola secondaria superiore, Trentino-Lombardia, 2010-2013). Ad alcune classi viene affidato un compito: ciascun alunno a turno (più o meno settimanalmente) deve scendere in strada, stare dieci minuti a guardare che cosa succede, tornare a casa, descrivere ciò che ha visto nel modo più impersonale che gli è possibile, e pubblicare la “fotografia a parole” in un blog condiviso. Nello spazio dei commenti si scatenano gli insegnanti con proposte di correzione, miglioramento, revisione, riscrittura. Non si tratta solo di esercitarsi a scrivere, ma anche (forse soprattutto) di esercitarsi a percepire e a restituire le proprie percezioni. – committenza e libertà artistica. Raccontando brevemente alcune esperienze di descrizione di luoghi (Monfalcone 2001, Lignano 2002, Cattolica Sassuolo Parma 2003), e in particolare le difficoltà a far accettare dal committente (in tutti e tre i casi l’ente pubblico) il testo prodotto, si cercherà di mostrare come chi parla di “radicamento” spesso non sia interessato al “radicamento” al territorio così com’è, bensì al “radicamento” a un’idea (e a un’ideologia) del territorio. Il lavoro dell’artista consiste quindi nel produrre straniamento ovvero, paradossalmente, “spaesamento”. – “Ricordami per sempre”. La realizzazione di un fotoromanzo (come soggettista, sceneggiatore e di fatto regista), in coppia col fotografo fiorentino Marco Signorini, per conto del Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo (2011), è stata un’occasione per sperimentare sia il diverso approccio al territorio da parte di artisti di diversa estrazione, sia un’occasione per provare a mettere in scena il “radicamento in ciò che non c’è più”. La storia, in breve, racconta d’un uomo che dopo trent’anni torna a Cinisello, in cerca di una donna conosciuta da adolescente nel corso di una visita agli stabilimenti dove si produceva il settimanale di fotoromanzi “Grand Hotel”. La ricerca della donna porta a un attraversamento de territorio, nel corso del quale si scopre che di tutto ciò che c’era nella memoria del protagonista, nulla è rimasto. (La donna però si troverà: non esiste fotoromanzo senza fine se non lieto, almeno confortante). Nella realizzazione furono coinvolti un centinaio di cittadini; il fotoromanzo fu distribuito nell’area di Cinisello e di Sesto San Giovanni in 25 mila copie.

Giuliana Guazzaroni*: “Realtà aumentata, arte e poesia lungo le vie aquilane” *Università Politecnica delle Marche, giuliana.guazzaroni@gmail.com Smartphone, tablet e dispositivi indossabili permettono di sfruttare la tecnologia della augmented reality e possono rappresentare punti di navigazione delle vie cittadine, per osservare diversi strati di realtà, per ridisegnare la geografia urbana e l’ambiente reale. Si tratta di un viaggio emozionale durante il quale è possibile osservare da diverse prospettive anche gli ambienti più familiari: uno scorrimento continuo tra due mondi (reale e virtuale), un invito alla partecipazione, alla riflessione e alla riscoperta degli spazi pubblici. “Poesia di strada in realtà aumentata” è una galleria d’arte a cielo aperto per coinvolgere cittadini, studenti e visitatori. L’autore di questo intervento ha sviluppato EMMAP (Emotional Mapping of Museum Augmented Places), durante il dottorato di ricerca in “e- Learning” presso la Facoltà di Ingegneria, Università Politecnica delle Marche. EMMAP è un format che promuove ambienti di apprendimento mobile e di ubiquitous learning nei musei o in altri luoghi d’interesse storico-culturale. EMMAP è stato sperimentato in musei ma soprattutto lungo le strade di due cittadine: L’Aquila e Macerata. I partecipanti delle sperimentazioni sono stati circa 300. Le sperimentazioni nei musei sono state analizzate in lavori. In questo articolo sarà preso in esame il workshop itinerante lungo le vie aquilane come esempio di performance cittadina a cui hanno partecipato circa 100 educatori del progetto eTwinning. Ne saranno discussi gli elementi emersi da questionari ex-post e dall’osservazione dell’esperienza e dell’impatto emozionale, innovativo e creativo che può scaturire da una didattica non convenzionale.

Luisa Nardecchia* e Massimo Giuliani**: “Sotto il tetto di una storia. La parola e il legame coi luoghi” *Insegnante di Italiano e Latino nei Licei, blogger, profssa10@gmail.com **Centro Milanese di Terapia della Famiglia, info@massimogiuliani.it Le scienze umane hanno spesso approfondito i legami di attaccamento con altri esseri umani. Solo in alcuni ambiti (l’antropologia, la psicologia interculturale) si sono occupate del legame con i luoghi: ma l’esperienza della devastazione di un territorio, come per esempio accade in occasione di un terremoto, mette in luce la centralità di questa relazione e la continuità fra noi e i luoghi. Si tratta di qualcosa di diverso da quello che concettualizziamo attraverso la metafora delle “radici”: il territorio esterno è anche uno spazio interno; se si frattura lo spazio, si fratturano il tempo e la memoria. In un certo senso il palcoscenico sul quale collochiamo i personaggi della storia che raccontiamo di noi è il riflesso dei luoghi della nostra vita. I social network, il web e il racconto di sé nel terremoto: da una parte la pesantezza delle macerie e dello smembramento della comunità, dall’altra la leggerezza della parola: come le persone, anch’essa conosce la deterritorializzazione e perde le certezze che si era conquistata quando l’avvento della scrittura le aveva dato una collocazione stabile sulla pagina. Come se, nella precarietà degli strumenti, tornasse alla polisemicità o per lo meno alla provvisorietà di quando era affidata alla tradizione orale. Nell’esperienza di Luisa Nardecchia e di tanti blogger e autori aquilani, la narrazione è uno strumento per ricostruire un legame, per salvaguardare una continuità, per riannodare il filo del tempo, per conservare la memoria: in due parole, per curare una ferita.