Porta a portaL’Osservatorio Psicologia nei Media è un’organizzazione nata per monitorare l’informazione di tv, internet e giornali su argomenti psicologici e verificarne la correttezza. Per svolgere questa missione può contare sulla presenza capillare di collaboratori e gruppi d’ascolto e su un autorevole comitato di esperti. Per saperne di più ci sono il sito web e la pagina su Facebook.

Di recente su quest’ultima si è discusso di una puntata di “Porta a Porta” in cui si parlava di attacchi di panico in una prospettiva – così lamentano alcuni colleghi che l’hanno vista: io l’ho perduta – acriticamente favorevole alla farmacoterapia.

 

Io sono intervenuto nel dibattito per dire che Porta a Porta sarà pure quello che è, ma gli psicologi a volte sono i brunivespa di sé stessi; e che sulla divulgazione di questa disciplina hanno le loro responsabilità…

 

Luigi D’Elia, responsabile dell’Osservatorio (vedi su Youtube l’intervista che ha rilasciato a RaiNews24 per presentare l’iniziativa) mi ha chiesto di rielaborare per osservatoriopsicologia.it il mio intervento. Lo pubblico anche qui di seguito per i frequentatori del mio blog.

 

Grazie a D’Elia perché ha voluto rilanciare un intervento forse non proprio allineato…

 

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Seguo sulla pagina di Facebook dell’Osservatorio le lamentele di colleghi su una puntata di Porta a Porta in cui si sarebbe discusso di attacchi di panico in un modo sfacciatamente favorevole ai sostenitori della farmacoterapia occultando l’esistenza degli psicologi.

Se posso dire la mia, il danno provocato da un servizio simile in tv è tutto sommato esiguo.

Suppongo che davanti a un messaggio di evidente propaganda (sebbene camuffato da informazione giornalistica) l’utente sappia come regolarsi. E non mi scandalizza che un medico porti l’acqua al proprio mulino: fa solo il proprio mestiere. Come terapeuta quel che posso fare, semmai, è cercare di essere altrettanto bravo nella comunicazione su quel che so fare io.

Mi mette assai meno di buon umore un certo modo di parlare di psicoterapia nei media: al proposito segnalo – giusto a titolo esemplificativo – un articolo uscito su “Il Giornale” qualche mese fa: www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=300404 (non a caso, su un argomento sul quale psicologi e psicoterapeuti si producono quotidianemente senza risparmiarsi, ormai un fortunato sottogenere della letteratura psicologica: Facebook e le dipendenze annesse).

Cito un passaggio dell’articolo:

“Si chiama “friendship addiction”, “amico-dipendenza”, ed è una vera epidemia che sta esplodendo negli ultimi anni, soprattutto a causa del social network Facebook. A individuare e coniare questa nuova patologia è David Smallwood, uno dei principali psicologi britannici, esperto di dipendenze”

per dire che idee simili penetrano nella cultura e promuovono un’immagine della psicologia del tutto alleggerita da qualunque preoccupazione, come dire?, epistemologica.

Cioè: secondo questo modo di informare, la “friendship addiction” è una “patologia” che si “individua”, e non un bizzarro costrutto inventato da David Smallwood (“uno dei principali psicologi britannici”: e che vuol dire? e come si misura? Dal numero di “patologie” “individuate”?).

Quando entro da terapeuta nel dibattito su terapia o pillole, in fondo mi pongo nella stessa prospettiva (come posso definirla? Reificatrice? Essenzialista?) del medico che difende la sua bottega: cioè la terapia, le pillole, sono “cose” di cui posso misurare l'”effetto” (contesto, relazione, linguaggio, osservatore, sono variabili da recidere chirurgicamente). Sono cioè dentro la stessa ideologia: non la metto in discussione.

Io propongo, piuttosto, che una questione da ritenere prioritaria sia quella di rivendicare uno statuto epistemologico “altro” rispetto alla medicina somatica. Articoli come quello che ho citato – che probabilmente piacciono tanto agli psicologi “realisti” perché costruiscono nuove “malattie” da guarire – sono responsabili di una confusione ancora più grave che la superficialità – fin troppo evidente, in fondo – dei dibattiti a Porta a Porta.

Dunque vi domando: qual è la posizione dell’Osservatorio al riguardo?

Oltre a fare la guardia perché il marketing farmaceutico non ci rubi troppi clienti, è interessato anche a un’analisi dei modi in cui i media costruiscono il discorso sulla psicologia?

Questo mi interessa molto di più: perché finché ci ostiniamo a sentirci dei “piccoli medici”, sarà inevitabile che quelli “grandi” ci schiaccino.

massimogiulianiSocietàcura,mass media,psicologiaL'Osservatorio Psicologia nei Media è un'organizzazione nata per monitorare l'informazione di tv, internet e giornali su argomenti psicologici e verificarne la correttezza. Per svolgere questa missione può contare sulla presenza capillare di collaboratori e gruppi d'ascolto e su un autorevole comitato di esperti. Per saperne di più ci sono il...Psicologia, metafore, cultura (Il blog di Massimo Giuliani, psicoterapeuta a Brescia e Milano)